Un giovane discepolo disse ad un saggio: “maestro, un tuo amico stava parlando male di te”
“Aspetta, l’interruppe il filosofo, hai fatto passare quello che mi dici per le tre porte?”
Il giovane domandò: “Tre porte? Quali tre porte?”
“ Si, le tre porte: La prima è la verità. Sei sicuro e completamente certo di quello che mi dici?”
Il discepolo rispose: “No, l’ho sentito commentare da alcuni vicini”.
“Almeno l’avrai fatto passare per la seconda porta, la bontà Quello che vuoi dirmi è buono per qualcuno?”
Il giovane rispose: “No, al contrario”.
“E l’ultima porta è la necessità. E’ necessario che io sappia quello che vuoi dirmi?”
Il discepolo affermò: “No, non è strettamente necessario”
Allora disse il saggio sorridendo: “Se non è vero, né buono, né necessario, sarà meglio dimenticarlo per sempre”.
Che le nostre parole siano come acque miti ma in costante movimento. Che siano una benedizione per i campi aridi, che siano sorgenti di vita. Le parole possono anche essere come le acque che scendono con forza, velocità ed in grandi quantità, distruttive e mortali, perché al loro passaggio dirompono e soffocano. I sentimenti dietro le nostre parole fanno sì che esse diano vita o, al contrario, distruggano ed uccidano.
Facciamo in modo che le nostre parole siano sempre una benedizione e facciamole passare sempre attraverso le tre porte.
Ho passato la serata con amici, "lavorando" e discutendo di fatti di vita. Questa storia l’abbiamo trovata tra le pagine di un libro, l’abbiamo letta a voce alta e non scorderò mai il silenzio e la concentrazione di tutti nell’ascoltarla.