Uscii dal ristorante alle 21, 30. La Luna, che avevo visto un’ora prima grande e luminosa, ora, piccola e timida, sorgeva dal tetto della casa accanto. Sembrava impaurita, avvolta da un alone azzurrino, arancione e rosa. Rimasi in attesa, camminando sul marciapiede, e intanto riflettevo sulla lentezza, sulla pazienza, sul tempo, sull’infinito, sulla mia piccolezza, sulla mia attuale ridicola impazienza e sulla frenesia, in altre occasioni della mia vita, di correre, di arrivare presto, di concludere in fretta…Cominciava a far freddo e in un attimo tutto era cambiato. L’alone si era dissolto, la luminosità di molto diminuita. Ancora qualche minuto e l’evento ebbe inizio. Cercai nel cielo i segni di qualche variazione, di qualche reazione, ma tutto era rimasto come prima. Mi sembrò invece di cogliere nella brezza che si era levata la sorpresa per ciò che stava accadendo. E proprio in quel momento udii i rintocchi delle campane: erano le 22. Dopo due ore tutto era compiuto: era piccola e rossa come un palloncino sfuggito di mano a un bambino. La osservai meglio attraverso le dita piegate a mo’ di cannocchiale: sembrava così vicina da poterla toccare, non sembrava più in cielo. Frattanto stava compiendo il suo cammino: un’ora ancora e sarebbe scomparsa dietro l’orizzonte. Come sempre. « Alla prossima! – esclamarono gli amici scesi anche loro sulla strada – Alla prossima! Tu ci sarai fra 30 anni?». «Non saprei – risposi – ma lei sì!».
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